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Tumore al rene, in 5 anni aumentati del 15% i pazienti vivi dopo la diagnosi

Oncologia Redazione DottNet | 06/06/2023 17:17

Sono numerosi gli strumenti efficaci da inserire in una strategia di cura che coinvolge chirurgia, terapie mirate e immunoterapia, migliorando in maniera significativa la capacità di controllo della neoplasia metastatica

In cinque anni, in Italia, le persone vive dopo la diagnosi di tumore del rene sono aumentate del 15%: erano circa 125mila nel 2018, sono diventate 144.400 nel 2022. Oltre il 50% dei pazienti diagnosticati in fase precoce guarisce. Nel 30% dei casi la malattia è individuata in fase avanzata o metastatica e in un altro 25-30% si ripresenta dopo l'intervento chirurgico eseguito con intento curativo.

Un tempo le opzioni terapeutiche erano scarse, anche perché in questa neoplasia la chemioterapia è da sempre poco efficace e il suo utilizzo è scarso. Oggi vi sono numerosi strumenti efficaci da inserire in una strategia di cura che coinvolge chirurgia, terapie mirate e immunoterapia, migliorando in maniera significativa la capacità di controllo della neoplasia metastatica. L'obiettivo è rendere cronico il carcinoma renale avanzato, garantendo una buona qualità di vita. I pazienti con diagnosi di malattia in stadio avanzato possono vivere a lungo, infatti quasi il 50% oggi è vivo dopo 5 anni e, in alcuni casi, si comincia a parlare di guarigione.

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L'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e l'Associazione nazionale tumore del rene (Anture), dal congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco) in corso a Chicago, lanciano la campagna nazionale di sensibilizzazione, realizzata con il supporto incondizionato di Ipsen, per far conoscere a pazienti e cittadini gli importanti passi avanti della ricerca. Verranno realizzati webinar, attività sui social media e un portale dedicato. "L'importante incremento della sopravvivenza e del numero di pazienti vivi dopo la diagnosi è dovuto all'introduzione delle terapie mirate innovative e dell'immunoncologia che, in quasi vent'anni, hanno permesso di contrastare con successo anche i casi di malattia in fase avanzata - afferma Saverio Cinieri (nella foto), Presidente Aiom - l'innovazione terapeutica ha rivoluzionato la pratica clinica e restituito speranza a milioni di persone in tutto il mondo. Con questa campagna vogliamo migliorare il livello di consapevolezza dei pazienti e dei cittadini sui progressi della ricerca. Senza dimenticare il ruolo degli stili di vita. È dimostrato che l'attività fisica praticata con costanza è in grado di ridurre fino al 22% il rischio di sviluppare la malattia. Non solo. Anche nei pazienti che hanno già ricevuto la diagnosi, il movimento può migliorare del 15% i risultati dei trattamenti, riducendo fatigue, ansia e depressione, con un impatto positivo sulla qualità di vita. Ma, in Italia, ben il 31,5% dei cittadini è sedentario - aggiunge Cinieri - serve più impegno per far comprendere a tutti i grandi benefici dell'attività fisica".

In Italia, nel 2022, sono stati stimati 12.600 nuovi casi di tumore del rene. I sintomi non sono specifici e possono essere sottovalutati o confusi con altre condizioni come la calcolosi renale. "Quando presenti, i segnali più frequenti sono rappresentati dalla presenza di sangue nelle urine, da dolore sordo al fianco o da una massa palpabile nella cavità addominale - spiega Giuseppe Procopio, direttore dell'Oncologia Medica Genitourinaria e del Programma Prostata dell'Istituto Nazionale Tumori di Milano - Oltre la metà delle diagnosi avviene casualmente, come diretta conseguenza dell'impiego, sempre più diffuso, della diagnostica per immagini in pazienti non sospetti in senso oncologico. In Italia il 71% delle persone colpite dalla malattia è vivo a 5 anni dalla diagnosi. Questi risultati sono possibili grazie ad un'integrazione di cure farmacologiche, sistemiche o loco regionali". "Un tempo, i trattamenti nella malattia metastatica erano molto scarsi, oggi abbiamo a disposizione numerosi farmaci attivi che includono terapie mirate e immunoncologiche - evidenzia il professor Procopio - si tratta di un enorme passo avanti, che ha permesso, in un decennio, di quintuplicare la sopravvivenza a 5 anni nello stadio metastatico, passando da circa il 10% a quasi il 50%. Una quota di questi pazienti resta in remissione completa, cioè in assenza di malattia rilevabile, e può essere considerata libera da malattia. Inoltre, siamo in grado di controllare il carcinoma renale per evitare che vada in progressione dopo il primo trattamento. Un tempo si riusciva a ottenere questo risultato nel 70% dei casi, oggi siamo intorno all'85-90%. È uno scenario in evoluzione".

"Oggi, grazie anche a una migliore conoscenza biologica della malattia, siamo in grado di ottimizzare l'utilizzo delle combinazioni e dei singoli farmaci a disposizione, soprattutto in prima linea - continua Procopio - in particolare, l'introduzione degli inibitori delle tirosin-chinasi, in seguito alla scoperta di una peculiarità del carcinoma a cellule renali metastatico, cioè della sua particolare propensione a indurre vasi neoformati, ha profondamente cambiato le prospettive di cura. La combinazione della terapia mirata e dell'immunoterapia è capace di raggiungere, nel tumore del rene avanzato, una sopravvivenza globale mediana di 49,5 mesi. E un'analisi presentata al Congresso ASCO ha mostrato che questa combinazione è in grado di preservare la qualità di vita".

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